Villaverla è un piccolo comune della Pedemontana Veneta e deve il suo nome alla famiglia dei Verla, che l’ebbe in feudo dal Medioevo.
La sua particolarità è data dalla ciminiera di una storica fornace che domina la piazza e l’abitato ricordando in secoli più recenti la ricchezza del luogo data dalla produzione di laterizi.
Fornace Trevisan
La fornace Trevisan iniziò la sua produzione nel 1878 e rimase produttiva fino agli anni Sessanta del 1900. La sua sirena, per oltre un secolo, ha scandito la vita di tutta la comunità, chiamando al lavoro i numerosi operai.
Venne inaugurata da Pietro Trevisan, rappresentante di un’importante famiglia di Villaverla. La struttura era dotata di due forni moderni e potenti ad anello, uno dei quali costituiva un primato per l’azienda essendo il secondo, della tipologia Hoffmann, più grande d’Europa.
l forno Hoffman è un complesso industriale per la cottura del mattone di tipo laterizio con funzionamento in continuo, che oggi scarsa applicazione in quanto è sostituito dai più moderni ed efficienti forni a tunnel.
Dall’agricoltura all’attività industriale
La conformazione del terreno e la grande presenza di terra creta, ovvero l’argilla, ha permesso che in tutto il territorio, nel secolo scorso, emergessero numerose fornaci. Si dice che vi fossero presenti ben sette fornaci. La fornace Trevisan fu sempre riconosciuta per i propri prodotti di alta qualità. Per fare ciò la manodopera era essenziale, infatti gli operari dovevano preparare la materia argillosa, dare forma ai mattoni e procedere a cuocerli nei forni per poi passare alla fase dell’essicazione: tutte queste fasi appena descritte richiedevano una manodopera di circa 400 – 500 persone.
Il complesso industriale di Villaverla era operativo solamente sei mesi all’anno, poiché durante la stagione invernale l’argilla non riusciva ad essiccare. Durante il periodo di inattività gli operai si dedicavano al lavoro dei campi presso le case “operaie” costruite attorno al polo industriale sul modello anglosassone.
Anche la famiglia Trevisan, prima di avviare l’attività industriale, era impegnata nelle coltivazioni e nell’agricoltura e solo alla morte del fratello di Pietro, Luigi, rimasto l’unico titolare dei beni dei genitori, decise di avviare l’attività di industria.
La mutazione dell’edilizia, le nuove tecniche di lavoro e i nuovi materiali di costruzione, fecero venire meno la richiesta di laterizi vecchio stampo, portando alla chiusura della fabbrica.
La fornace oggi
Nel 1989 il sito venne recuperato grazie al volere dell’Amministrazione Comunale che realizzò un nuovo utilizzo urbanistico.
Oggi il complesso è la nuova sede municipale, museo e direzionale privato, diventato un’opportunità unica per dare spessore al recupero di un’area strategica rappresentativa della memoria della comunità.
Al piano terra vi è un forno Hoffmann in buono stato di conservazione, riconvertito in museo nel quale sono spesso allestite mostre e rassegne.
Villa Ghellini
Venne fatta costruire dalla famiglia Ghellini nella seconda metà del Seicento, sulla spinta della rivalità esistente con la vicina famiglia Verlato, dovuta alla lotta per il predominio sul paese, difatti venne iniziata nel 1664 ampliando ed inglobando la precedente villa gotica, articolando il complesso in quattro braccia disposte intorno ad una corte rettangolare porticata.
Tra gli ambienti più caratteristici dell’edificio vi sono la “Sala dei caminetti” e lo Scalone d’onore, in quanto la villa presenta caratteristiche sia del castello medievale nel cortile, che della villa romana, più precisamente nel portico.
Il complesso, ora di proprietà del Comune, è solo in parte visitabile. Alcuni interventi realizzati nel corso del 2015 hanno consentito il restauro ed il consolidamento statico dello scalone d’onore e la riqualificazione della pavimentazione del portico nord, in modo da rendere fruibile ora il parco, il cortile e alcune sale principali come la sala dei caminetti e lo scalone d’onore con la sala al piano nobile del corpo centrale della Villa.
Villaverla, paese agricolo
La rilevanza agricola delle campagne di Villaverla è testimoniata dalla presenza di un antico canale irriguo, la Roggia Verlata, derivata dall’Astico nel 1275. La costante disponibilità idrica predisponeva il territorio a colture particolarmente redditizie e in particolare alla produzione di foraggio, fattore fondamentale per l’allevamento bovino e di conseguenza per la casearia.
A secoli di distanza, nella pur modificata realtà economica del comune, questa tradizione resta viva nell’attività della Latteria sociale Sant’Antonio, che ha stabilimento e punto vendita alle porte del centro, lungo la statale.
L’azienda, fondata negli anni Venti, lavora il latte conferito da una ventina di stalle del comune e dei centri limitrofi.
La produzione riguarda innanzitutto alcuni formaggi a Denominazione di Origine Protetta: il Grana Padano e l’Asiago, nelle versioni Pressato, di pronto consumo, e d’Allevo, ovvero stagionato. Altri formaggi, come la caciotta e la tosella, sono prodotti per la vendita nello spaccio aziendale. Alla vetrina aziendale si è aggiunto da qualche anno a questa parte il Verlata, un formaggio che affonda le sue radici nella storia della casearia locale e che per questo ha nel nome una dedica alla famiglia più nobile del luogo.
L’Oasi naturalistica di Villaverla
L’Oasi naturalistica di Villaverla è uno dei più importanti “laboratori verdi” del nostro territorio. Si estende su 258.214 metri quadri, pari a quasi 67 campi (l’unità di misura agraria locale) disposti a dar forma ad una specie di trapezio rettangolo racchiuso da due strade provinciali e a tre corsi d’acqua perenni.
Il recupero del “Bosco”
Risale al 1970 la scelta di preservare questo territorio e restituirlo totalmente alla natura.
Qui l’uomo sta collaborando con la natura per riportare uno straordinario lembo di area umida di pianura all’aspetto che aveva prima dell’arrivo dell’uomo e della trasformazione che egli gradualmente ha operato per conquistarsi terra coltivabile là dove dominava una folta foresta planiziale.
Da alcuni anni qui si sta facendo l’opposto: sono state bandite le colture agricole e vaste porzioni dell’Oasi sono state restituite al dominio incontrastato di quelle specie arboree ed arbustive che, secoli o millenni fa, ricoprivano non solo quest’area, ma l’intera Pianura Padana.
Questo scrigno verde è destinato a proteggere e preservare un tesoro sotterraneo: l’acqua che “impregna” uno strato di ghiaia profondo sino a 140 metri, acqua che, è destinata ad alimentare l’acquedotto di Padova.
Visitare l’oasi
E’ possibile percorrere l’Oasi passando per il Sentiero Natura che inizia dal fabbricato colonico Cà Marenda, e proseguendo si incontra una grande zona recentemente imboschita formante il nuovo Bosco planziale.
Il Bosco è composto di circa 20.000 piante di quercia del tipo farnia e ai bordi di esso la lunga tubazione sporgente dal terreno di un pozzo “spia” (piezometro) con una capannina alla sommità, nella quale uno strumento misura e registra il livello dell’acqua sotterranea.
Verso la fine della strada, ad una curva si può notare alla sinistra la sorgente dell’Albera e alla destra un’antica quercia.
Alla fine, si incrocia un’altra strada campestre che attraversa un fossato che defluisce le acque delle risorgive. Questa risorgiva è una delle più caratteristiche della zona e contribuisce con le sue acque ad alimentare il fiume Bacchiglione che inizia il suo alveo circa un chilometro più a valle.
Nell’ambito delle iniziative didattiche proposte, AcegasApsAmga offre la possibilità ai ragazzi delle scuole elementari e medie inferiori di effettuare una serie di visite guidate presso i propri stabilimenti ed impianti.
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Maggiori dettagli in Oasi Villaverla